Carmen Naranjo

Lettera all’indirizzo degli uccelli, prima antologia poetica di Carmen Naranjo in traduzione italiana a cura di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli, ambisce a ridurre la distanza tra il lettore italiano e l’autrice costaricana, senza dubbio più nota allo storico e allo studioso della cultura dell’America Centrale grazie alle importanti cariche istituzionali che ha ricoperto […] In relazione alla produzione poetica dell’autrice, definita anche «metafora vivente», possiamo rilevare innanzitutto la straordinaria forza creativa dei suoi versi, forza che non può mai essere disgiunta dalla qualità umana e intellettuale di un’esistenza che ha attraversato, con spirito sempre attento e sempre indignato di fronte alle ingiustizie e le disparità, tutto il suo tempo. Come ci è dato vedere in questa prima antologia italiana, Carmen Naranjo porta infatti nella sua poesia il riflesso delle straordinarie vicende che hanno caratterizzato la sua esistenza, tutta spesa nella realizzazione di progetti culturali che la videro, come s’è detto, ambasciatrice, ministro della cultura, o impegnata in numerose missioni culturali. Fu personaggio molto influente e al tempo stesso molto scomodo, un vero “problema”, come ci ricorda Lourdes Arizpe, riferendo un’espressione della stessa autrice, in occasione dell’important intervista (Interview with Carmen Naranjo: Women and Latin american Literature) realizzata in «Signs: Journal of Women in Culture and Society» (1979, vol. 5, n. 1). Al tempo stesso non si può fare a meno di notare come, pur nella libertà da scuole e correnti poetiche, da lei sempre rivendicata, e nonostante la sua indiscussa originalità, nella poetica di Naranjo risuonino elementi di un vasto panorama di voci affini, non solo quelle dei grandi autori che ebbe modo di frequentare e conoscere personalmente, come Julio Cortázar, Juan Rulfo, Mario Benedetti o Simone de Beauvoir, ma anche quelle che si avvertono nel suo denso fraseggio poetico, tra le quali Rubén Darío, Walt Whitman, Gabriela Mistral, García Lorca (dalla postfazione del Prof. Pietro Taravacci al libro di Carmen Naranjo Lettera all’indirizzo degli uccelli, edito da Edizioni dell’Orso in dicembre 2023 a cura di Tomaso Pieragnolo e Rosa Gallitelli).

da Idioma dell’inverno (1971)

Piove in questa città
piove… pioggia polvere invidia
piove notti e giorni
piove suoni di altre piogge

Metto avorio e non va
in questa città non c’è avorio
metto oro e non dice
in questa città non c’è oro
metto argento e non rima
in questa città non c’è argento
metto l’idioma della pioggia
acqua acquazzone acquitrino
metto paracqua ed ombrelli
metto pioggerella e giungo alla mia città

E non metto nulla
e tolgo tutto
terrazze e luci
balconi e torri
e restano piogge

Oggi piove come sempre
da così presto che non so
come iniziò a piovere
magari sia solo una figura
di rituali grifi d’acqua
che danzano in suono di gocce
fiumi in finestre e calli
occhi turpi dietro l’alba
e la lunga vetrata dell’inverno
con verdi mani reumatiche

Dall’acqua astratta
tappeto d’erba
terrazza d’alghe
uscì questo sogno
di cieli e barche

Io piovo perché amo
piovo verticale il mio ritorno
e non fecondo spighe
a volte piovo chiacchiere
quando non posso piovere
tanta pioggia di tante cose
gocce e gocce di miseria
nella cerimonia del viaggio
sulla memoria dell’acqua

de Idioma del invierno (1971)

Llueve en esta ciudad
llueve… lluvia polvo envidia
llueve noches y días
llueve sonidos de otras lluvias

Pongo marfil y no va
en esta ciudad no hay marfil
pongo oro y no dice
en esta ciudad non hay oro
pongo plata y no rima
en esta ciudad no hay plata
pongo el idioma de la lluvia
agua aguacero aguazal
pongo paraguas y sombrillas
pongo garúa y llego a mi ciudad

Y no pongo nada
y lo quito todo
terrazas y luces
balcones y torres
y quedan las lluvias

Hoy llueve como siempre
desde tan temprano que no sé
cómo empezó a llover
quizás sea sólo una figura
de rituales grifos de agua
danzando en sonidos de gotas
ríos en ventanas y calles
ojos turbios detrás del alba
y el largo vitral del invierno
con verdes manos reumáticas

Del agua abstracta
alfombra de yerba
terraza de algas
salió este sueño
de cielos y barcas

Yo lluevo porque amo
lluevo vertical mi regreso
y no fecundo espigas
a veces lluevo palabrerías
cuando llover no puedo
tanta lluvia de tantas cosas
gotas y gotas de miseria
en la ceremonia del viaje
sobre la memoria del agua

da Nel circolo dei pronomi  (2003)

IO

io alle sei della sera
con un cero nella mano
lentamente nella mia stessa strada
cerco il dio senza faccia
giocatore instancabile nella scacchiera delle stelle
io graffiando l’alba
disegno un segno astratto
e me lo ruba il vento
io alle 11 della notte
con un filo sulla fronte
trasparente e agile
do le mie droghe di silenzio
e ingrosso il capitale del mio grido
io mi sommo all’altro io
mi metto le sue scarpe
leggo il manuale di diplomazie
mi addormento con l’altro
e mi risveglio senza nulla
mi stanco della mia sostanza d’ore
e spremo le mie economie di tempo

al di sotto dell’acqua
ride un cristallo rotto

io una somma di espropriazioni
un inventario inconcluso
un punto senza azione e voce
nel circolo dei pronomi
un naufragio di sorti e occasioni
con esibizioni balbettanti
un libro sulle spalle
un peso perpendicolare dal cielo
e un ragno che scende da un filo
nero per la schiena
impiccagioni di equilibri senza spazio
saette costipate dalle stimmate
età che consumano la mia età
in un piatto greco con salsa romana
bilance ebree magneti indigeni

questi baci
che corrono sulla tua schiena

io – andarmene io – venirmi
l’aria tiene armonie di spade
equidistanti distanze spogliate
perdute devoluzioni indolenti
cerimoniosi cervelli lontani
condizioni che mi condizionano
un giro bancario atemporale
con numeri stranieri
la parola è una gomma da masticare
quando perde la menta si sputa

raccoglimi nelle stagioni
del tuo fidanzamento

mi odo nelle cerbottane
là nelle absidi
arabesche decomposizioni
dove non giunge la mandragora
e il mio sogno si sveglia nel sonno

non guardarmi più
lascia il tuo seme nei miei occhi

io faccio fessure agli eroi
dipingo occhiali agli idoli
e so ridere le mie solitudini
davanti alla sconfitta ghiandolare di domani

portami nei tuoi velieri
sotto il santo e segno della tua notte

io rotondamente calendario
alveare di bronzo senza briglia
sboccato nel quotidiano
imboscato in braccia e riti

fissati nei miei sintomi
e infermami di più

io con le mie amare dogane
con le mie litanie sbadate

voglio tremare nel tuo grembo

io con i miei ancoraggi di mummia
nel caos della polvere e dello iodio

la tua memoria è una vetrina
dove misi un centrotavola

de En el círculo de los pronombres  (2003)

YO

yo a las seis de la tarde
con un cirio en la mano
lentamente en mi propia avenida
busco al dios sin cara
jugador incansable en el ajedrez de las estrellas
yo arañando el amanecer
dibujo un signo abstracto
y me lo roba el viento
yo a las 11 de la noche
con un hilo en la frente
transparente y ágil
doy mis drogas de silencio
y engroso el capital de mi grito
yo me sumo al otro yo
me pongo sus zapatos
leo el manual de diplomacias
me duermo con el otro
y me despierto sin nada
yo me canso de mi sustancia de horas
y estrujo mis economías de tiempo

debajo del agua
ríe un cristal roto

yo una suma de expropiaciones
un inventario inconcluso
un punto sin acción y voz
en el círculo de los pronombres
un naufragio de suertes y ocasiones
con exhibiciones tartamudas
un libro en la espalda
un peso perpendicular desde el cielo
y una araña bajando de un hilo
negro por el hombro
colgaduras de equilibrios sin espacio
saetas estreñidas por los estigmas
edades consumiendo mi edad
en un plato griego con salsa romana
balanzas hebreas imanes indígenas

esos besos
corriendo por tu espalda

yo – irme yo – venirme
armonía de espadas tiene el aire
equidistantes distancias desnudas
perdidas devoluciones indolentes
ceremoniosos cerebros lejanos
condiciones condicionándome
un giro bancario intemporal
con números extranjeros
la palabra es una goma de mascar
cuando pierde la menta se escupe

recogeme en las estaciones
de tu noviazgo

yo me oigo en las cerbatanas
allá en las ápsides
arabescas descomposiciones
donde no llega la mandrágora
y mi sueño despierta en el sueño

no me mirés más
dejá tu semilla en mis ojos

yo hago agujeros a los héroes
pinto anteojos a los ídolos
y sé reír mis soledades
frente a la derrota glandular de mañana

llevame en tus veleros
bajo el santo y seña de tu noche

yo redondamente calendario
panal de bronce sin bridas
desbocado en lo cotidiano
emboscado en brazas y ritos

fijate en mis síntomas
y enfermame más

yo con mis amargas aduanas
con mis letanías majaderas

quiero temblar en tu regazo

yo con mis amarres de momia
en el caos del polvo y del yodo

tu memoria es un escaparate
donde puse un bibelot


Agradecimientos: 

Tomaso Pieragnolo

Fuente: https://www.poesiadelnostrotempo.it/

Carmen Naranjo (Costa Rica, Cartago, 1928 – Costa Rica, San José, 2012) fu una delle donne che più influì nello sviluppo della narrativa costaricana; per la chiarezza e l’onestà del suo dettato fu definita mujer palabra (donna parola). Laureatasi in Filologia alla Universidad de Costa Rica, frequentò corsi postlaurea alla Universidad Autónoma de México e alla University of Iowa negli Stati Uniti. Nel suo lavoro come funzionaria pubblica, ebbe l’incarico di ambasciatrice del Costa Rica in Israele, di Direttrice Amministrativa della Caja Costarricense del Seguro Social, di Assistente Direttiva dell’Instituto Costarricense de Electricidad, di Ministra della Cultura, di Direttrice della Editorial EDUCA, di Presidentessa del Consejo Nacional de Educación Física e di Direttrice del Museo de Arte Costarricense. Lavorò inoltre per le Nazioni Unite e per la Organización de Estados Americanos (OEA) in El Salvador, Repubblica Dominicana, Messico e Stati Uniti, e diresse i programmi regionali del Fondo per l’Infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF). Fu coordinatrice tecnico-amministrativa dell’Istituto Centroamericano di Amministrazione Pubblica (ICAP). Vinse diversi premi nazionali (Premio Aquileo J.Echeverría nel 1966 e 1971, Premio Magón nel 1986) e internazionali (Premio La Orden Alfonso X El Sabio, Spagna 1977, Medaglia Gabriela Mistral in Cile nel 1996). Nel 1991 la Universidad de Santo Domingo le conferì il Dottorato Honoris Causa. Fu la prima scrittrice a entrare nell’Academia Costarricense de la Lengua. Il suo lavoro letterario, spesso accompagnato da filmati che denunciavano la deforestazione, la malnutrizione, la povertà e l’alcolismo, fu considerato sovversivo da alcuni critici, ma Carmen continuò a esercitare un attivismo culturale contro l’apatia e l’ipocrisia, a favore della valorizzazione della cultura in America Latina, integrando la sua ampia produzione letteraria di poesia , narrativa e saggistica, con un’attività politica e sociale incentrata sulla difesa e sulla promozione dei diritti femminili, forgiando una figura di donna leader e creativa. Carmen Naranjo ha affondato la penna nella realtà, con rara capacità di suscitare stupore, empatia e compassione nei confronti dell’essere umano, restituendoci la fotografia interiore di un continente così grande da sembrare inconciliabile, così piccolo da sembrare un’isola. (dall’introduzione a cura di T. Pieragnolo e R. Gallitelli).

Tomaso Pieragnolo (Padova 1965) vive da oltre 30 anni tra Italia e Costa Rica. I suoi libri più recenti, finalisti e vincitori di premi nazionali, sono “Portraits” (Passigli 2022), “Viaggio incolume” (Passigli 2017), “nuovomondo” (Passigli 2010), “L’oceano e altri giorni” (Venezia 2005), “Lettere lungo la strada” (Venezia, 2002), “Poesía escogida” (Editorial de la Universidad de Costa Rica e Fundación Casa de Poesía, 2009). Dal 2007 ha tradotto nella rivista Sagarana autori del Costa Rica non ancora proposti in Italia, alcuni dei quali poi nei volumi: Eunice Odio “Questo è il bosco e altre poesie” (Via del Vento 2009), “Come le rose disordinando l’aria” (Passigli 2015) con Rosa Gallitelli; Laureano Albán, “Gli infimi crepuscoli” (Via del Vento 2010), “Poesie imperdonabili” (Passigli 2011); Juan Carlos Mestre “Non importa ormai vivere bensì la vita” (Arcipelago Itaca 2019), Carmen Naranjo “Lettera all’indirizzo degli uccelli” (Edizioni del’Orso 2023 con Rosa Gallitelli. Ha partecipato ai Festival di poesia nazionali Pordenonelegge, Poetry Vicenza, Fiera delle Parole di Padova, Quota Poesia di Trento, Cartacarbone di Treviso, Parole Spalancate di Genova, Festival del viaggio di Viareggio, Poesie al Museo di Este, e internazionali di Costa Rica e Nicaragua.

Rosa Gallitelli (Pisticci, Matera 1969), vive a Padova e dal 1992  tra Italia e Costa Rica, dove ha trascorso lunghi periodi a stretto contatto con le popolazioni native tra foresta vergine e Oceano Pacifico e cooperato a progetti di tutela del patrimonio naturale. Da questa esperienza la raccolta poetica “Selva creatura leggera” (Passigli 2015), Premio Nazionale di Letteratura Naturalistica Parco Majella 2023, Premio Minturnae 2016, finalista Premio Marineo e Morlupo 2016, selezione Premio Marazza 2016. Dal 2007 ha tradotto con Tomaso Pieragnolo nella rivista Sagarana autori costaricani in anteprima italiana, confluiti negli ebooks “Nell’imminenza del giorno” e “Ad ora incerta” (La Recherche, 2013 e 2014), curato la prima antologia pubblicata nel nostro paese di Eunice Odio “Come le rose disordinando l’aria” (Passigli, 2015), definita da Giuseppe Bellini “un’opera importante di traduzione, resa con encomiabile fedeltà, tale da ricreare il clima dell’originale”, e la prima antologia italiana di Carmen Naranjo “Lettera all’indirizzo degli uccelli” (Edizioni dell’Orso, dicembre 2023).